lunedì 16 aprile 2012

Voli pindarici...

Oggi ricorre la memoria di Bernadette, a cui è apparsa la Madonna di Lourdes.
Tuttora il corpo, compresi gli organi interni, è intatto.
Sembra dormire.

Mi è tornato, allora, in mente un pensiero di qualche tempo fa sul peccato originale.
Tutto ciò che vediamo è segno di un altrove.
Allora, come l'altrove "si segna" qui?
O, precisamente, come il peccato originale si evidenzia?
In tutti è presente.
Fin dal concepimento.
Mmmm, pensa che ti ripensa, mi è venuta in mente l'entropia.
Il sistema vitale, di qualsiasi ordine, è un sistema in perenne lotta, a perdere, contro il caos, il disordine, la disgregazione.
L'energia serve a tenere in ordine il sistema, ma il disordine entra nel gioco di equilibri fin dal primo istante.
L'invecchiamento ne è l'esempio.
La morte ed il disfacimento corporeo l'emblema.
Quanto precede solo per evidenziare la discontinuità - nel sistema generale - dei corpi, morti, che non si disgregano. E ce ne sono nella storia della Chiesa. Fuori no.
Segno visibile dell'invisibile. 
Più forte dell'ordine stabilito.
Stra bello. Anzi, esagerato.


Dato che non mi ritengo particolarmente intelligente,
ho fatto una piccola ricerca, 
ed ho trovato uno studio su peccato originale ed entropia.

Di seguito:

Le origini del male: l'entropia

L'ubiquità e irriducibilità del Male, unitamente al fatto singolare che esso sembra presentarsi macroscopicamente soltanto nel mondo organico, ha da tempo intrigato il biologo che è lo Scrivente, in quanto suggerisce un profondo legame con la vita e quindi il coinvolgimento dell'ambito biologico. E' un tema che al biologo-pensatore sta molto a cuore perché sembra mostrare come il mito del Peccato Originale adombri metaforicamente un evento naturale ben determinato avvenuto nella notte dei tempi.
Come ipotesi di lavoro, osserviamo che il Male, nella sua apparente doppia faccia di male fisico e male morale, non è affatto limitato al mondo organico, ma può essere assimilato all'entropia cui è assoggettato l'intero universo e che si manifesta come un ineludibile destino di degradazione di ogni struttura (per definizione contenente un certo grado di ordine e di energia potenziale) "in discesa" verso il disordine, fino alla condizione limite di azzeramento rappresentata dalla morte termica: le montagne si sgretolano, i fiumi si disperdono nel mare, i pianeti si raffreddano, i soli si consumano. 
Sia il male morale che il male fisico, dunque, si possono definire come una situazione di degradazione, di disordine; la materia vivente, invece, si è configurata fin dalle origini come un evento di rottura, una forza che tenta di opporsi "in salita" alla distruttiva legge dell'entropia organizzandosi nelle singolari strutture biologiche ricche di energia che conosciamo, e che pertanto possono essere identificate col Bene: se l'entropia è il Male, la Vita, che è il suo contrario, non può essere che il Bene.
E' ormai opinione scientifica consolidata e accettata anche da molti pensatori della Chiesa (primo fra tutti fu Teilhard De Chardin) che l'esistenza della vita nell'universo – comunque si pensi sia stata originata – abbia seguito, in mezzo ad un mondo inorganico ostile, un fecondo percorso evolutivo in direzione di una sempre maggiore complessità e differenziazione delle sue strutture, fino a toccare le vette della mente e dello Spirito. 
Muovendo dunque dall'assunto di una lotta senza quartiere della vita contro le forze tendenti a distruggerla, l'immediato corollario biologico è che sia buono tutto ciò che appartiene alla vita e la favorisce; e cattivo invece tutto ciò che le si oppone per distruggerla. 
E' una visione del mondo che descrive questo come un gigantesco campo di battaglia fra Vita e Non-vita, fra Piacere e Dolore, fra Bene e Male; basta guardarsi attorno per constatare come il mondo, in qualunque scala di grandezza, non sia che un'enorme, perpetua, fabbrica di nuova vita (cioè di Bene) che cerca di sopravvivere all'enorme morìa di esseri viventi con cui le forze distruttive dell'ambiente (il Male) tenta di schiacciarla. Il Male dunque non è un'entità astratta e a sé stante, ma è una concreta imperfezione nella struttura degli esseri viventi, causa della loro distruzione e della sofferenza che ne è associata: Pulvis es et pulvis reverteris.
Molti tentano di sottrarsi alla dolorosa constatazione di questa distruzione liquidandola con l'etichetta di un male naturale, etichetta che pare un pietoso trucco da illusionisti allo scopo di farci passare per buono – perché appartenente alla Natura – ciò che invece è soltanto orribile Male che le forze del Bene tentano invano di arginare. Orribile è ad ogni livello la morte e il dolore, orribile la guerra e la violenza del forte; e orribile, perché non invocabile quale castigo di consapevoli peccati umani, è lo spettacolo di miliardi e miliardi di animali d'ogni forma e grandezza che senza averne consapevolezza si cibano di altri esseri viventi indifesi. 
Pochi amano soffermarsi sulla agghiacciante universalità ed ubiquità di questo continuo spargimento di sangue e di dolore, se non quando riguarda direttamente la sofferenza degli uomini, le carestie, le stragi, le guerre. Invece il Male è intorno a noi, ne è imbevuto ogni essere vivente, è una grandezza universale davanti alla quale le nostre sofferenze umane sono quantitativamente davvero trascurabili; eppure si è formata una sorta di assuefazione, di cecità intellettuale cui oggi non poco contribuiscono continui documentari televisivi con raccapriccianti dettagli di prede indifese e sbranate, che rivolgendosi soprattutto ai giovani, ormai dimentichi del francescano amore per gli animali, li inducono con immagini e parole a pensare che tutto ciò sia naturale, quindi, paradossalmente, buono: l'ha stabilito la Natura, quindi non può non essere giusto e buono. 
Anche noi, seguendo lo stesso principio, non rinunciamo a cibarci di animali senza battere ciglio, e non ci accorgiamo che con ciò legittimiamo, o imitiamo, ciò che avviene in natura. Ma se si accetta come giusto uccidere per nutrirsi, il passo è breve per legittimare ogni specie di violenza e di assassinio non appena, più o meno arbitrariamente, si ritenga in pericolo la propria persona, il proprio piacere, il proprio interesse o le proprie cose. Tutti i viventi infatti, dall'uomo al lupo o all'insetto, uccidono in qualche modo per sopravvivere o comunque perché spinti da una forza vitale di autoaffermazione individuale, la quale sempre si alimenta a spese della distruzione di altri esseri viventi; chiunque uccida qualunque cosa ha teoricamente sempre delle buone ragioni naturali; e nel bilancio delle vite e delle morti, alla Natura non interessano i moventi, essa non cerca responsabili o colpevoli, questa è piuttosto un'atttudine squisitamente umana dovuta alla nostra conoscenza consapevole del Bene e del Male. Ma in natura non esiste il male morale; esiste solo il dolore fisico.
Vorrei rendere concreta e tangibile l'idea che il dolore fisico sia l'espressione più generale del Male, fino a identificarsi con esso. Consideriamo ciò che alla vita fa bene, cioè il piacere, e ciò che alla vita fa male, cioè la malattia, la morte, e, appunto, il Dolore. E' inutile illudersi che il diuturno massacro compiuto dagli animali per nutrirsi non sia doloroso quanto quello inflitto dagli uomini ad altri uomini, solo perché esso avviene esattamente anche in natura; è soltanto la nostra visione antropocentrica, che ci fa considerare ovvio e naturale che un branco di leoni o di iene sventri a morsi una gazzella strappandole ben viva e sveglia le budella, senza neppure che la morte sia almeno istantanea. E' inutile anche illudersi che negli animali cosiddetti "inferiori", in virtù di una asserita mancanza di consapevolezza, la morte sia meno dolorosa: tutti gli esseri viventi, dall'uomo al topo, al pesce, all'insetto, fino alle forme più trascurate dalla nostra attenzione, quelle microscopiche, hanno almeno qualcosa che assomiglia a un sistema nervoso, con una rete fittissima di terminazioni dolorifiche in tutto il corpo; eppure nessuno, neanche lontanamente, si sofferma a pensare che un verme divorato da un verme più grosso possa provare un dolore simile al nostro.
Questa digressione serve a mostrare che il Male-Dolore, così assolutamente e capillarmente ubiquitario, sembra un attributo innato della vita, o meglio sembra essere nato addirittura con lei nello stesso momento. Vorrei insistere sul fatto che esso sembra un vero e proprio costituente della vita: appunto, il peccato originale della materia vivente; e poiché lo scopo di queste riflessioni è trovare il substrato biologico in cui si annida il Male, per spiegare come mai la lotta contro di esso sia stata sempre assolutamente inutile, vediamo di ricostruire le origini della materia vivente. 
 Chiunque o qualunque cosa abbia causato l'evento straordinario e miracoloso della nascita della vita, tutti ormai – religiosi o no – concordano su di un punto: che questa deve essere avvenuta necessariamente attraverso il raggrupparsi organizzato, cioè secondo un certo ordine, di alcune molecole semplici che si trovavano disciolte nel cosiddetto "brodo primordiale", e che questo raggruppamento sia avvenuto sfruttando le attrazioni chimico-fisiche disponibili in quel momento. Tutti i biologi sanno quanto tale organizzazione molecolare fosse fin dalle origini, a causa dei deboli legami chimico-fisici impegnati, instabile, incapace di resistere a lungo all'urto delle molecole e delle radiazioni ambientali circostanti: tali erano le condizioni in cui si è formata la vita sul nostro pianeta e forse su altri; tali erano le leggi fisiche preesistenti nell'universo e con queste anche la vita, nascendo, ha dovuto fare i conti inventandosi un ordine, una struttura, se pur debole e imperfetta, che fosse un'isola in mezzo al disordine e al caos dell'ambiente inorganico.
Ecco dunque in quale parte degli uomini, e più in generale degli organismi viventi, avrebbe sede il Male: nella debolezza, nell'imperfezione dell'ordine molecolare che costituisce la materia vivente; la quale in ogni individuo, secondo la legge dell'entropia, è destinata fatalmente a disgregarsi a causa delle disordinate aggressioni dell'ambiente inorganico. Ma l'Ordine, che istintivamente percepiamo come vita, come Bene, è quello stesso che si è evoluto in direzione di una complessità sempre maggiore portando a compimento, nel suo viaggio, l'anelito del cosmo a vitalizzarsi, la vita a umanizzarsi, e l'uomo ad ultraumanizzarsi, fino a forse liberarsi come Spirito perfino dalle proprie strutture materiali, dalla propria matrice. Mentre il Disordine, che percepiamo come Morte, Dolore, Peccato, Imperfezione, cioè come una forza che si oppone a tutto questo, rappresenta il cosiddetto Male.
E' interessante osservare a questo punto, per la pace fra credenti e non credenti, come anche <secondo la teologia agostiniano-tomistica, il Male non esiste come entità a sé stante e in contrapposizione all'entità del sommo bene. Bensì è presente come parziale assenza di perfezione in tutti gli esseri della Creazione visibile e invisibile. Questa parziale assenza di perfezione, la perfezione piena è di spettanza solo divina, incide sulla mente dell'uomo e qualche volta stravolge la sua ragionevolezza e la sua volontà e libertà; e, in secondo luogo, stimola in modo del tutto imprevedibile la fragilità e corruttibilità del corpo sì, come dice S. Paolo, da fargli compiere "il male che non vuole" e non "il bene che vuole"> Massimiliano Rosito (Città di Vita, LIV, N. 2, 1999).
Come si vede, qualche volta le conclusioni della scienza non sono in disaccordo con la Dottrina della Chiesa, ma aiutano anzi a interpretarla in un'ottica filosofica accessibile alla ragione oltre che alla fede. Tuttavia, è doveroso anche notare quanto questa concezione del Male innato alla vita, per gl'infelici che non hanno da opporvi nessuna forza metafisica salvifica, possa essere disperatamente pessimistica. 
Chi invece confida in Dio, o almeno coltiva la speranza che il precario ordine della materia che ha dato origine al corpo umano sia riuscito durante l'evoluzione terrestre degli organismi ad esprimere, prima di corrompersi, un'entità spirituale che si avvicini alla perfezione divina, vivrà meno infelicemente la propria vicenda mondana.

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