Oggi ricorre la memoria di Bernadette, a cui è apparsa la Madonna di Lourdes.
Tuttora il corpo, compresi gli organi interni, è intatto.
Sembra dormire.
Mi è tornato, allora, in mente un pensiero di qualche tempo fa sul peccato originale.
Tutto ciò che vediamo è segno di un altrove.
Allora, come l'altrove "si segna" qui?
O, precisamente, come il peccato originale si evidenzia?
In tutti è presente.
Fin dal concepimento.
Mmmm, pensa che ti ripensa, mi è venuta in mente l'entropia.
Il sistema vitale, di qualsiasi ordine, è un sistema in perenne lotta, a perdere, contro il caos, il disordine, la disgregazione.
L'energia serve a tenere in ordine il sistema, ma il disordine entra nel gioco di equilibri fin dal primo istante.
L'invecchiamento ne è l'esempio.
La morte ed il disfacimento corporeo l'emblema.
Quanto precede solo per evidenziare la discontinuità - nel sistema generale - dei corpi, morti, che non si disgregano. E ce ne sono nella storia della Chiesa. Fuori no.
Segno visibile dell'invisibile.
Più forte dell'ordine stabilito.
Stra bello. Anzi, esagerato.
Dato che non mi ritengo particolarmente intelligente,
ho fatto una piccola ricerca,
ed ho trovato uno studio su peccato originale ed entropia.
Di seguito:
Le origini del male: l'entropia
L'ubiquità e irriducibilità del Male, unitamente al fatto singolare che esso
sembra presentarsi macroscopicamente soltanto nel mondo organico, ha da tempo
intrigato il biologo che è lo Scrivente, in quanto suggerisce un profondo legame
con la vita e quindi il coinvolgimento dell'ambito biologico. E' un tema che al
biologo-pensatore sta molto a cuore perché sembra mostrare come il mito del
Peccato Originale adombri metaforicamente un evento naturale ben determinato
avvenuto nella notte dei tempi.
Come ipotesi di lavoro, osserviamo che il Male, nella sua apparente
doppia faccia di male fisico e male morale, non è affatto limitato al mondo
organico, ma può essere assimilato all'entropia cui è assoggettato
l'intero universo e che si manifesta come un ineludibile destino di degradazione
di ogni struttura (per definizione contenente un certo grado di ordine e di
energia potenziale) "in discesa" verso il disordine, fino alla condizione limite
di azzeramento rappresentata dalla morte termica: le montagne si sgretolano, i
fiumi si disperdono nel mare, i pianeti si raffreddano, i soli si consumano.
Sia
il male morale che il male fisico, dunque, si possono definire come una
situazione di degradazione, di disordine; la materia vivente, invece, si è
configurata fin dalle origini come un evento di rottura, una forza che tenta di
opporsi "in salita" alla distruttiva legge dell'entropia organizzandosi nelle
singolari strutture biologiche ricche di energia che conosciamo, e che pertanto
possono essere identificate col Bene: se l'entropia è il Male, la
Vita, che è il suo contrario, non può essere che il Bene.
E' ormai opinione scientifica consolidata e accettata anche da molti
pensatori della Chiesa (primo fra tutti fu Teilhard De Chardin) che l'esistenza
della vita nell'universo – comunque si pensi sia stata originata – abbia
seguito, in mezzo ad un mondo inorganico ostile, un fecondo percorso evolutivo
in direzione di una sempre maggiore complessità e differenziazione delle sue
strutture, fino a toccare le vette della mente e dello Spirito.
Muovendo dunque
dall'assunto di una lotta senza quartiere della vita contro le forze tendenti a
distruggerla, l'immediato corollario biologico è che sia buono tutto ciò
che appartiene alla vita e la favorisce; e cattivo invece tutto ciò che
le si oppone per distruggerla.
E' una visione del mondo che descrive questo come
un gigantesco campo di battaglia fra Vita e Non-vita, fra Piacere e Dolore, fra
Bene e Male; basta guardarsi attorno per constatare come il mondo,
in qualunque scala di grandezza, non sia che un'enorme, perpetua, fabbrica di
nuova vita (cioè di Bene) che cerca di sopravvivere all'enorme morìa di
esseri viventi con cui le forze distruttive dell'ambiente (il Male) tenta
di schiacciarla. Il Male dunque non è un'entità astratta e a sé stante,
ma è una concreta imperfezione nella struttura degli esseri viventi, causa della
loro distruzione e della sofferenza che ne è associata: Pulvis es et pulvis
reverteris.
Molti tentano di sottrarsi alla dolorosa constatazione di questa distruzione
liquidandola con l'etichetta di un male naturale, etichetta che pare un
pietoso trucco da illusionisti allo scopo di farci passare per buono – perché
appartenente alla Natura – ciò che invece è soltanto orribile Male che le
forze del Bene tentano invano di arginare. Orribile è ad ogni livello la
morte e il dolore, orribile la guerra e la violenza del forte; e orribile,
perché non invocabile quale castigo di consapevoli peccati umani, è lo
spettacolo di miliardi e miliardi di animali d'ogni forma e grandezza che senza
averne consapevolezza si cibano di altri esseri viventi indifesi.
Pochi amano
soffermarsi sulla agghiacciante universalità ed ubiquità di questo continuo
spargimento di sangue e di dolore, se non quando riguarda direttamente la
sofferenza degli uomini, le carestie, le stragi, le guerre. Invece il
Male è intorno a noi, ne è imbevuto ogni essere vivente, è una grandezza
universale davanti alla quale le nostre sofferenze umane sono quantitativamente
davvero trascurabili; eppure si è formata una sorta di assuefazione, di cecità
intellettuale cui oggi non poco contribuiscono continui documentari televisivi
con raccapriccianti dettagli di prede indifese e sbranate, che rivolgendosi
soprattutto ai giovani, ormai dimentichi del francescano amore per gli animali,
li inducono con immagini e parole a pensare che tutto ciò sia naturale,
quindi, paradossalmente, buono: l'ha stabilito la Natura, quindi non può
non essere giusto e buono.
Anche noi, seguendo lo stesso principio, non
rinunciamo a cibarci di animali senza battere ciglio, e non ci accorgiamo che
con ciò legittimiamo, o imitiamo, ciò che avviene in natura. Ma se si accetta
come giusto uccidere per nutrirsi, il passo è breve per legittimare ogni specie
di violenza e di assassinio non appena, più o meno arbitrariamente, si ritenga
in pericolo la propria persona, il proprio piacere, il proprio interesse o le
proprie cose. Tutti i viventi infatti, dall'uomo al lupo o all'insetto, uccidono
in qualche modo per sopravvivere o comunque perché spinti da una forza vitale di
autoaffermazione individuale, la quale sempre si alimenta a spese della
distruzione di altri esseri viventi; chiunque uccida qualunque cosa ha
teoricamente sempre delle buone ragioni naturali; e nel bilancio delle
vite e delle morti, alla Natura non interessano i moventi, essa non cerca
responsabili o colpevoli, questa è piuttosto un'atttudine squisitamente umana
dovuta alla nostra conoscenza consapevole del Bene e del Male. Ma in natura non
esiste il male morale; esiste solo il dolore fisico.
Vorrei rendere concreta e tangibile l'idea che il dolore fisico sia
l'espressione più generale del Male, fino a identificarsi con esso.
Consideriamo ciò che alla vita fa bene, cioè il piacere, e ciò che alla vita fa
male, cioè la malattia, la morte, e, appunto, il Dolore. E' inutile
illudersi che il diuturno massacro compiuto dagli animali per nutrirsi non sia
doloroso quanto quello inflitto dagli uomini ad altri uomini, solo perché esso
avviene esattamente anche in natura; è soltanto la nostra visione
antropocentrica, che ci fa considerare ovvio e naturale che un branco di leoni o
di iene sventri a morsi una gazzella strappandole ben viva e sveglia le budella,
senza neppure che la morte sia almeno istantanea. E' inutile anche illudersi che
negli animali cosiddetti "inferiori", in virtù di una asserita mancanza di
consapevolezza, la morte sia meno dolorosa: tutti gli esseri viventi, dall'uomo
al topo, al pesce, all'insetto, fino alle forme più trascurate dalla nostra
attenzione, quelle microscopiche, hanno almeno qualcosa che assomiglia a un
sistema nervoso, con una rete fittissima di terminazioni dolorifiche in tutto il
corpo; eppure nessuno, neanche lontanamente, si sofferma a pensare che un verme
divorato da un verme più grosso possa provare un dolore simile al nostro.
Questa digressione serve a mostrare che il Male-Dolore, così
assolutamente e capillarmente ubiquitario, sembra un attributo innato della
vita, o meglio sembra essere nato addirittura con lei nello stesso momento.
Vorrei insistere sul fatto che esso sembra un vero e proprio costituente
della vita: appunto, il peccato originale della materia vivente; e poiché
lo scopo di queste riflessioni è trovare il substrato biologico in cui si annida
il Male, per spiegare come mai la lotta contro di esso sia stata sempre
assolutamente inutile, vediamo di ricostruire le origini della materia vivente.
Chiunque o qualunque cosa abbia causato l'evento straordinario e miracoloso
della nascita della vita, tutti ormai – religiosi o no – concordano su di un
punto: che questa deve essere avvenuta necessariamente attraverso il
raggrupparsi organizzato, cioè secondo un certo ordine, di alcune
molecole semplici che si trovavano disciolte nel cosiddetto "brodo primordiale",
e che questo raggruppamento sia avvenuto sfruttando le attrazioni
chimico-fisiche disponibili in quel momento. Tutti i biologi sanno quanto tale
organizzazione molecolare fosse fin dalle origini, a causa dei deboli legami
chimico-fisici impegnati, instabile, incapace di resistere a lungo
all'urto delle molecole e delle radiazioni ambientali circostanti: tali erano le
condizioni in cui si è formata la vita sul nostro pianeta e forse su altri; tali
erano le leggi fisiche preesistenti nell'universo e con queste anche la vita,
nascendo, ha dovuto fare i conti inventandosi un ordine, una struttura,
se pur debole e imperfetta, che fosse un'isola in mezzo al disordine e
al caos dell'ambiente inorganico.
Ecco dunque in quale parte degli uomini, e più in generale degli organismi
viventi, avrebbe sede il Male: nella debolezza, nell'imperfezione
dell'ordine molecolare che costituisce la materia vivente; la quale in
ogni individuo, secondo la legge dell'entropia, è destinata fatalmente a
disgregarsi a causa delle disordinate aggressioni dell'ambiente inorganico. Ma
l'Ordine, che istintivamente percepiamo come vita, come Bene, è
quello stesso che si è evoluto in direzione di una complessità sempre maggiore
portando a compimento, nel suo viaggio, l'anelito del cosmo a vitalizzarsi, la
vita a umanizzarsi, e l'uomo ad ultraumanizzarsi, fino a forse liberarsi come
Spirito perfino dalle proprie strutture materiali, dalla propria matrice. Mentre
il Disordine, che percepiamo come Morte, Dolore, Peccato, Imperfezione,
cioè come una forza che si oppone a tutto questo, rappresenta il cosiddetto
Male.
E' interessante osservare a questo punto, per la pace fra credenti e non
credenti, come anche <secondo la teologia agostiniano-tomistica, il Male non
esiste come entità a sé stante e in contrapposizione all'entità del sommo bene.
Bensì è presente come parziale assenza di perfezione in tutti gli esseri
della Creazione visibile e invisibile. Questa parziale assenza di perfezione, la
perfezione piena è di spettanza solo divina, incide sulla mente dell'uomo e
qualche volta stravolge la sua ragionevolezza e la sua volontà e libertà; e, in
secondo luogo, stimola in modo del tutto imprevedibile la fragilità e
corruttibilità del corpo sì, come dice S. Paolo, da fargli compiere "il male che
non vuole" e non "il bene che vuole"> Massimiliano Rosito (Città di Vita,
LIV, N. 2, 1999).
Come si vede, qualche volta le conclusioni della scienza non sono in
disaccordo con la Dottrina della Chiesa, ma aiutano anzi a interpretarla in
un'ottica filosofica accessibile alla ragione oltre che alla fede. Tuttavia, è
doveroso anche notare quanto questa concezione del Male innato alla vita, per
gl'infelici che non hanno da opporvi nessuna forza metafisica salvifica, possa
essere disperatamente pessimistica.
Chi invece confida in Dio, o almeno coltiva
la speranza che il precario ordine della materia che ha dato origine al corpo
umano sia riuscito durante l'evoluzione terrestre degli organismi ad esprimere,
prima di corrompersi, un'entità spirituale che si avvicini alla perfezione
divina, vivrà meno infelicemente la propria vicenda mondana.
(Veniero Scarselli, http://www.literary.it/dati/literary/scarselli/le_origini_del_male_lentropia.html)
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