giovedì 12 aprile 2012

Testimoni di ieri - Eleazaro

Ieri sera, mentre cucinavo, come mio solito ero sintonizzata su Radio24.
Ammetto che mi piace la vivacità di Cruciani e sopporto molto meno la rigidità intellettuale di Parenzo, convinto di avere il possesso della verità. Mah.
Comunque, tornando a ieri sera, in un'intervista ad un deputato autodefinitosi cattolico praticante, a domanda specifica: "Cosa dice se vede due omosessuali baciarsi per strada?" ho sentito questa risposta:" Ognuno è libero di vivere la propria sessualità come meglio crede, anche baciando per strada una persona del suo stesso sesso".
Ora, la ragione, l'etica morale, la professione della Verità di un cattolico praticante, dove sono? 
Non mi reputo bigotta, il mio passato non lo consente, ma ho capito che ognuno è responsabile di tutte le proprie azioni rispetto a Ns Signore Gesù Cristo. 
Sulle mie ginocchia mi troverò al Suo cospetto a rendere conto di ogni mia azione. 
Da sola, con tutta la mia storia esposta al cospetto del Cielo. 
Di questo dovrei essere ben conscia, non di quello che pensano altri mortali come me. 
Quindi: per qualsiasi cosa (impulso, orientamento sessuale, desiderio, deviazione) il mio interlocutore deve essere Lui, non altri. 
Ma senza paura, fastidio, occhessoio. 
A Lui portare tutto e, nel mio intimo, troverò le soluzioni per me, non per altri. 
Prenderò le mie decisioni a testa alta, con consapevolezza, trovando le motivazioni dal mio dialogo interiore con Lui a cui poi renderò conto. 
Questo deve essere chiaro. 
Il libero arbitrio non viene mai meno. 
Ma è posto dove deve essere: nella mia relazione con Lui. Posso decidere quello che voglio, ma non senza essere, già da ora, in ginocchio davanti a Lui con le mie debolezze, fragilità, tentazioni. 
Sapendo che ci sono azioni che generano offesa a Dio. Sapere, non far finta.
Essere ben consci della colpa in cui cado, se così decido, non scappare alla verità.
Ma Lui è lì ed anche io. Devo guardare a Lui per cambiare, non ad altri.
Questo è essere uomini - o donne - con le palle. 
E questo dovrebbe essere detto a chi chiede, non aumentare la confusione, l'incertezza, il "rumore".

Parliamo, nel merito, di "Non commettere atti impuri" -Comandamento di Dio, non del primo pirlotto- valido davanti a Dio, agli altri e a te stesso.
Due indicazioni dei Vangeli, quindi di Gesù Cristo:

  1. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5,19)
  2. A chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più (Lc 5,48) - attenzione a chi cerca il potere....

La Verità è una, che è ben diverso che dire: ognuno ha la sua verità.
La fortezza nella testimonianza della Verità è essenziale. 
E la testimonianza deve essere coerente, costante, senza compromessi.
Non è facile, è un cammino difficile, ma è fondamentale sentire la vergogna quando ci riveliamo a noi stessi meno degli eroi che pensavamo di essere.
La pienezza dell'uomo è solo in Gesù. 
A Lui guardare, a Lui chiedere, alla Sua scuola stare, nel Suo abbraccio morire a noi e rinascere in Lui.
Non giudico chi ho ascoltato, quante volte io sono stata peggio? 
Ma dobbiamo svegliarci, basta mollezza.

Mi è tornato in mente Eleazaro, un personaggio dell'Antico Testamento. 
Vero Eroe, mica un mammalucco.

Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina.
Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere.
Coloro che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la porzione delle carni sacrificate imposta dal re, perché, agendo a questo modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in nome dell'antica amicizia che aveva con loro.
Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte.
"Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri, a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia.
Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipontente.
Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età
e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi". Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio.
Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero una pazzia.
Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: "Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui".
In tal modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del popolo la sua morte come esempio di generosità e ricordo di fortezza.  




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