martedì 18 luglio 2017

Il Nome di Gesù


Se la quantità conduce alla qualità, allora anche la frequente, quasi incessante invocazione del Nome di Gesù Cristo, sia pur distratta all'inizio, può condurre alla concentrazione e al fervore del cuore; infatti la natura dell'uomo è in grado di assumere uno stato spirituale, se esso diventa frequente e abituale.

Per imparare a fare bene una cosa, occorre farla il più spesso possibile, ha detto uno scrittore religioso, e sant'Esichio dice che la frequenza genera l'abitudine e si trasforma in natura.
Uomini esperti consigliano: colui che desidera raggiungere l'orazione interiore, decida d'invocare il Nome di Dio con frequenza, quasi senza interruzione, di pronunciare cioè con le labbra la Preghiera di Gesù Cristo: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore!", e a volte invece più brevemente: "Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me", come insegna san Gregorio il Sinaita.
Egli aggiunge che l'invocazione abbreviata è più facile per il principiante; tuttavia non esclude né l'una né l'altra formula, consigliando solamente di non cambiare spesso le parole, per abituarsi più facilmente all'invocazione.
 
E per stimolare maggiormente se stesso a questa continua recitazione, il discepolo deve proporsi come regola d'invocare Dio un determinato numero di volte, secondo il tempo che ha; di recitare, cioè, sui grani del rosario, sia di giorno che di notte, tante centinaia o migliaia di invocazioni, senza fretta, pronunciando le parole con chiarezza, quasi sillabando con la lingua e le labbra.
 
Dopo qualche tempo, la lingua e le labbra di colui che così si esercita acquistano una tale assuefazione da muoversi quasi automaticamente, sicché, senza particolare sforzo, si muoveranno ormai per conto loro e pronunceranno il Nome di Dio anche senza suono.
 
Successivamente, la mente comincerà a prestare sempre maggiore attenzione a questo movimento della lingua e a poco a poco si purificherà dalle distrazioni concentrandosi nell'orazione.
Alla fine, si potrà verificare quella che i Padri chiamano "la discesa della mente nel cuore", vale a dire che la mente, raccogliendosi nel cuore, lo riscalderà con l'ardore divino e il cuore stesso invocherà il Nome di Gesù Cristo liberamente, con ineffabile dolcezza, e si effonderà umilmente ed incessantemente davanti a Dio, secondo le parole: "Io dormo, ma il mio cuore veglia".
Diceva splendidamente sant'Esichio del benefico effetto della frequente invocazione del Nome di Gesù Cristo: "Come la pioggia, quanto più cade abbondante, più ammorbidisce la terra, così il santo Nome di Cristo se lo invochiamo con frequenza, gioiosamente, vivifica e allieta il calice del nostro cuore".


(estratto da "Racconti di un pellegrino russo")




 
 

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