venerdì 26 maggio 2017

Fa che sia bella, la morte - Don Divo Barsotti


"Quando verrà, fa che sia bella la morte.
Atto di puro abbandono all'Amore,
la sofferenza non turbi lo spirito,
né il timore o l'angoscia.
Sappia io donarmi senza chiederti nulla.
Chi ti ama, non può volere che Te: Tu non sei,
se non sei l'Unico, o Dio.
... E sia beatitudine
nella tua luce perdermi
e non trovarmi più"
 
Don Divo Barsotti

mercoledì 24 maggio 2017

Sono una peccatrice


….. non tener conto di una realtà dimenticata, tolta la quale tutto il castello del dogma cattolico crolla miseramente: mi riferisco al dramma del peccato originale, che ha inferto una ferita nella natura dell’uomo (uomo nel senso di umanità: il peccato originale ce l’hanno anche le donne).
Anzi, le ferite sono quattro: l’uomo non è naturalmente buono, ma naturalmente cattivo (lascio a chi vuole di credere alla storiella roussoniana del buon selvaggio; io preferisco attenermi alla storia di Adamo ed Eva).
L’uomo è ignorante: la sua intelligenza è destituita dall’ordinamento naturale alla Verità, per cui si trova in una sorta di accecamento intellettuale che gli fa abbracciare l’errore molto più facilmente della verità (vulnus ignorantiae);
l’uomo è malizioso: la sua volontà invece di ricercare il Vero Bene insegue beni apparenti e fallaci (vulnus malitiae);
l’uomo è debole: alla disposizione ad affrontare le cose ardue si è sostituita una debolezza che fa andare sempre al più facile (vulnus infirmitatis);
l’uomo è attratto dalla dilettazione sensibile: i sensi, invece di essere sottomessi docilmente alla ragione, ricercano il piacere anche oltre i limiti dettati dalla ragione stessa (vulnus concupiscientiae).
Rimedio a queste quattro ferite sono la pratica costante delle quattro virtù cardinali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
Ma la medicina suprema è la Grazia di Nostro Signore Gesù Cristo, cooperando alla quale i poveri figli di Eva possono sperare di diventare un tantinello migliori e forse anche dei santi: sissignori, i santi sono fatti della nostra stessa pasta. Però, con l’aiuto di Dio, hanno pedalato costantemente in salita. Ma tutto questo chi lo dice ancora, chi lo predica ancora?
 
(preso qui)

martedì 23 maggio 2017

Preghiera per ottenere l'umiltà - Teresa di Lisieux

 Gesù, tu hai detto:
«Imparate da me
che sono mite e umile di cuore
e troverete riposo alle anime vostre.» 

Sì, Signore mio e Dio mio,
l' anima mia riposa nel vederti
rivestito della forma
e della natura di schiavo,
abbassarti fino
a lavare i piedi dei tuoi apostoli.

Ricordo ancora le tue parole:
«Vi ho dato l' esempio,
perché anche voi
facciate come ho fatto io.
Il discepolo non è più del Maestro...
Se voi comprenderete ciò,
sarete beati mettendolo in pratica.»

Le comprendo, Signore,
queste parole uscite dal tuo cuore
mansueto e umile.
Le voglio mettere in pratica
con l' aiuto della tua grazia...

Tu però, o Signore,
conosci la mia debolezza:
ogni mattino prendo l' impegno
di praticare l' umiltà
e alla sera riconosco
che ho commesso ancora
ripetuti atti di orgoglio.

 A tale vista
sono tentata di scoraggiamento,
ma capisco
che anche lo scoraggiamento
è effetto di orgoglio.

Voglio, mio Dio,
fondare la mia speranza
soltanto su di te.

Poiché tutto puoi
fa' nascere nel mio cuore
la virtù che desidero.

Per ottenere questa grazia
dalla infinita tua misericordia
ti ripeterò spesso:
«Gesù, mite e umile di cuore,
rendi il mio cuore simile al tuo.»

Teresa di Lisieux

lunedì 22 maggio 2017

Situazione di peccato e purezza di cuore in «Delitto e castigo» - Dostoevskij

La prostituta, l'assassino e il libro eterno
di Marco Ballarini (preso qui)


Annus horribilis, il 1864, per Dostoevskij. Il 15 aprile muore la prima moglie e pochi mesi dopo, il 10 luglio, il fratello Michail, che lascia, oltre a una famiglia numerosa completamente priva di mezzi, anche la rivista «Epocha» gravata di debiti per 25.000 rubli. Inizia così un'affannosa ricerca di denaro con emissioni di cambiali, prestiti usurai, incontri con mediatori e uomini d'affari, a volte della peggior specie, commissari di polizia, sempre a un passo dal sequestro della sua proprietà.

«In ogni modo la terribile tensione del 1864, quando Dostoevskij stampava "in tre tipografie in una volta, non badava ai soldi né alla salute e alle forze, correggeva bozze, si dava da fare coi collaboratori e con la censura, rivedeva articoli, cercava quattrini, lavorava fino alle sei del mattino e dormiva cinque ore su ventiquattro", non diede i risultati attesi» [1]. Anche a causa della morte di A. Grigor'ev, uno dei più validi collaboratori, il livello della rivista scade, gli abbonati se ne vanno, con l'inevitabile chiusura nell'estate del '65.

Lo salva temporaneamente un contratto capestro con uno speculatore letterario di nome Stellovskij, che gli offre tremila rubli in cambio dei diritti su quanto già pubblicato e un nuovo romanzo da consegnarsi entro l'inizio di novembre del 1866. In caso di mancata consegna sarebbero passati allo Stellovskij anche i diritti di tutte le opere successive[2].

Per sfuggire ai creditori e potersi concentrare nel lavoro creativo Fëdor è costretto ad andarsene all'estero, ma a Wiesbaden perde al gioco tutto quanto possiede, venendosi a trovare in una situazione di vera indigenza [3].

Accanto ai problemi personali, incombono quelli di una società non solo in evoluzione, ma in forte tensione, con le tragiche conseguenze della riforma contadina e una crisi monetaria che raggiunge l'apice proprio in quegli anni. In ebollizione, naturalmente, anche le idee. Il fourierismo era sfociato nel nichilismo, inaccettabile per Dostoevskij, che contrapponeva l'«anima viva» alla «logica» di quanti volevano "organizzare" la società a spese della libertà personale [4]. In questo clima nasce Delitto e castigo, il primo dei "grandi romanzi", pubblicato a puntate sul «Messaggero russo» a partire dal gennaio 1866.

Romanzo d'azione e di suspence Delitto e castigo dura soltanto quattordici giorni, con uno svolgimento, sul piano dei fatti principali, estremamente lineare. Uno studente, con grandi progetti e pochissimi soldi, uccide una vecchia usuraia e la sua innocente sorella, ma non regge al tormento della coscienza e confessa il delitto prima a Sònja, una giovanissima prostituta, e poi, spinto dalla ragazza, al giudice istruttore Porfirij. L'epilogo ha luogo in Siberia, ai lavori forzati, nove mesi dopo.

mercoledì 3 maggio 2017

Simbolo di Atanasio (atanasiano)

Chiunque voglia salvarsi, deve anzitutto possedere la fede cattolica:
Colui che non la conserva integra ed inviolata perirà senza dubbio in eterno.
La fede cattolica è questa: che veneriamo un unico Dio nella Trinità e la Trinità nell'unità.
Senza confondere le persone, e senza separare la sostanza.
Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio, ed altra quella dello Spirito Santo.
Ma Padre, Figlio e Spirito Santo sono una sola divinità, con uguale gloria e coeterna maestà.
Quale è il Padre, tale è il Figlio, tale lo Spirito Santo.
Increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo.
Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo.
Eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo
E tuttavia non vi sono tre eterni, ma un solo eterno.
Come pure non vi sono tre increati, né tre immensi, ma un solo increato e un solo immenso.
Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo.
E tuttavia non vi sono tre onnipotenti, ma un solo onnipotente.
Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio.
E tuttavia non vi sono tre dei, ma un solo Dio.
Signore è il Padre, Signore è il Figlio,Signore è lo Spirito Santo.
E tuttavia non vi sono tre Signori, ma un solo Signore.
Poiché come la verità cristiana ci obbliga a confessare che ciascuna persona è singolarmente Dio e Signore: così la religione cattolica ci proibisce di parlare di tre Dei o Signori.
Il Padre non è stato fatto da alcuno: né creato, né generato.
Il Figlio è dal solo Padre: non fatto, né creato, ma generato.
Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: non fatto, né creato, né generato, ma da essi procedente.
Vi è dunque un solo Padre, non tre Padri: un solo Figlio, non tre Figli: un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi.
E in questa Trinità non v'è nulla che sia prima o dopo, nulla di maggiore o minore: ma tutte e tre le persone sono l'una all'altra coeterne e coeguali.
Cosicché in tutto, come già detto prima, va venerata l'unità nella Trinità e la Trinità nell'unità.
Chi dunque vuole salvarsi, pensi in tal modo della Trinità.
Ma per l'eterna salvezza è necessario, credere fedelmente anche all'Incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo.
La retta fede vuole, infatti, che crediamo e confessiamo, che il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo.
È Dio, perché generato dalla sostanza del Padre fin dall'eternità: è uomo, perché nato nel tempo dalla sostanza della madre.
Perfetto Dio, perfetto uomo: sussistente dall'anima razionale e dalla carne umana.
Uguale al Padre secondo la divinità:inferiore al Padre secondo l'umanità.
E tuttavia, benché sia Dio e uomo, non è duplice ma è un solo Cristo.
Uno solo, non per conversione della divinità in carne, ma per assunzione dell'umanità in Dio.
Totalmente uno, non per confusione di sostanze, ma per l'unità della persona.
Come infatti anima razionale e carne sono un solo uomo, così Dio e uomo sono un solo Cristo.
Che patì per la nostra salvezza: discese agli inferi: il terzo giorno è risuscitato dai morti.
É salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: e di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti.
Alla sua venuta tutti gli uomini dovranno risorgere con i loro corpi: e dovranno rendere conto delle proprie azioni.
Coloro che avranno fatto il bene andranno alla vita eterna: coloro, invece, che avranno fatto il male, nel fuoco eterno.
Questa è la fede cattolica, e non potrà essere salvo se non colui che l'abbraccerà fedelmente e fermamente.
Amen.