Riflessioni stra-personali sul mio cammino di conversione. Nessuno nasce imparato, io no di certo. Quindi pregando, camminando, ascoltando, leggendo, meditando, osservando, cerco di imparare. Anzi: cerco di disimparare me ed il mondo, per abbandonarmi alla meraviglia dell'invisibile.
martedì 15 novembre 2016
Mio Dio - S. Pier Damiani
Ti adoro, ti onoro, ti glorifico, ti lodo,
benedetto, onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo,
unico Dio in tre persone.
Aiutami, assolvimi, purificami, mondami, mio re e mio Dio.
Donami la giustizia, la fortezza, la prudenza, la temperanza.
Donami la fede perfetta, la speranza, la carità.
Concedimi lo spirito di sapienza, d’intelletto,
di consiglio, di fortezza, di scienza, di pietà e di timore.
Donami la benedizione del cielo
e l’abbondanza della terra.
Addolcisci, Signore, il mio cuore granitico.
Donami la compunzione e la contrizione sincera,
perché mi corregga dai miei numerosi peccati.
Signore, non sono degno d’entrare nella tua casa.
Sono indegno di levare gli occhi al cielo
di esprimere il tuo nome con le mie labbra:
ma tu sai come sono,
abbi pietà di me, Signore mio Dio.
(s. Pier Damiani)
Obbedienza della fede - di Hans Urs von Balthasar
(estratto da Chi è il cristiano?)
La libera obbedienza d’amore è il punto in cui le cose incomparabili si toccano fino ad identificarsi.
Da parte dell’uomo questa obbedienza d’amore porta il nome distintivo di fede.
Questa fede, in quanto atto dell’uomo, è un tentativo iniziale di consegnarsi (“credo, Signore, aiuta la mia incredulità”), che da parte del Signore viene raccolto benignamente nella sua propria obbedienza, nella forza del suo esempio e modello, anzi viene già suscitato nel primo tentativo, stimolato, sostenuto, portato a successo (gratia praeveniens et consequens).
Allo stesso modo che nel campo puramente umano la fiducia, la dedizione, il sì definitivo di una ragazza, può essere provocato e portato fino all’ultimo compimento dalla forza d’amore di un giovane.
Ora l’arrendersi umano, per quanto si creda illimitato, conserverà forse sempre in qualche punto dei limiti inconsci, ad esempio quando l’uomo a cui ci si è dati, si trasformi completamente in infedele, disamorato, malvagio, e un legame con lui non sia più oltre sopportabile.
Invece la fede in Cristo ha la sua prova esattamente nella completa sconfinatezza della dedizione: poiché ogni infedeltà da parte di Cristo rimane esclusa, persino quando la sua fedeltà divenisse a noi invisibile nelle tenebre di un completo abbandono; poiché la fedeltà di Dio per essenza è senza fine e senza pentimento, anche l’atto di dedizione amorosa, obbediente, come risposta ed affidamento alla forza della grazia di Dio che lo permette e rende possibile, può essere incondizionato ed illimitato.
E’ l’atto che nella sua pienezza si chiama fede – amore - speranza: fede amorosa che tutto spera, od amore speranzoso che tutto crede, o speranza credente che ama tutto ciò che Dio vuole.
E’ l’atto che pone il nucleo fondamentale dell’essere cristiano, per modo che insperatamente abbiamo trovato la risposta alla nostra domanda: “Chi è il cristiano?”. Cristiano è l’uomo che ‘vive di fede’ (Rom. 1,17), che cioè ha regolato tutta la sua esistenza sull’unica possibilità apertagli da Gesù Cristo, il Figlio di Dio, obbediente per noi tutti fino alla croce: quella di partecipare al sì obbediente, che redime il mondo, detto a Dio.
Da parte di Cristo è l’atto di obbedienza per amore che fonda l’esistenza, poiché il Figlio di Dio non entra nell’esistenza ‘a modo di chi è gettato’, (geworfenerweise), ma ‘a modo di chi è inviato’ (gesendeterweise).
Il fatto che egli in genere esista, ed esista in tal modo, dice già manifestazione dell’amore di Dio Padre per noi, che ‘dà’ il suo Figlio per noi.
Nel Verbo c’è già l’idea di sacrificio ed in questo il consenso della vittima, dell’obbedienza. Nell’esistenza del Figlio obbediente risplende quindi chiarissimamente anche il mistero della Trinità divina.
Tuttavia il Figlio non obbedisce a se stesso, bensì ad un altro, ma per un amore eterno, che è il fondamento della possibilità di una simile obbedienza e nello stesso tempo l’unità di colui che comanda e di colui che obbedisce.
Infatti, se il Figlio fosse obbediente in ragione di una naturale subordinazione a Dio Padre, obbedendo, non farebbe che il suo dovere, e in ciò non apparirebbe l’amore di Dio assolutamente libero.
Ma se egli obbedisce senza motivo, cioè per puro amore, allora in colui che è dato appare l’amore infondato di colui che dà per noi peccatori, un amore così infondato che Paolo non esita a chiamarlo insensato.
E se, dopo il compimento del segno di amore che Dio inscrive nella storia umana, se, dopo la vita, morte e risurrezione della vittima, il comune Spirito del Padre e del Figlio sarà inviato come testimone perpetuo dell’evento nella Chiesa e nel mondo, allora questo Spirito non potrà mai essere ed attestare altro se non appunto l’amore infondato-insensato, di cui perciò gli uomini non potranno mai disporre e servirsi per le loro prudenti macchinazioni.
Infatti, ciò che dell’ essenza di questo amore appare nell’esistenza del Figlio è la rinuncia a disporre di sé. Soltanto questa rinuncia dà all’attuazione del suo mandato l’inaudita forza esplosiva. Egli ha rinunciato ad ogni prudenza, ha lasciato l’intera provvidenza al Padre che manda e dirige, e ciò lo esonera da ogni dovere di calcolo, di dosaggio, di diplomazia; gli conferisce lo slancio infinito che non ha bisogno di curarsi dei muri di contraddizione, di dolore, di fallimento e di morte, perché il Padre lo dirige e lo afferra all’estrema fine della notte. Mediante l’atto di obbedienza totale il Figlio è quindi giunto alla totale libertà; tutto l’infinito spazio di Dio, sia della morte, della notte eterna, sia della vita eterna, è aperto alla sua azione. Fin dal principio egli è al di là dell’ ‘affanno’ (“per il domani, di quel che si mangerà e berrà, di che si indosserà” Mt. 6,25) e nella tranquillità di colui che può lasciare tutto una volta e per sempre alla provvidenza del Padre.
Infatti, ciò che dell’ essenza di questo amore appare nell’esistenza del Figlio è la rinuncia a disporre di sé. Soltanto questa rinuncia dà all’attuazione del suo mandato l’inaudita forza esplosiva. Egli ha rinunciato ad ogni prudenza, ha lasciato l’intera provvidenza al Padre che manda e dirige, e ciò lo esonera da ogni dovere di calcolo, di dosaggio, di diplomazia; gli conferisce lo slancio infinito che non ha bisogno di curarsi dei muri di contraddizione, di dolore, di fallimento e di morte, perché il Padre lo dirige e lo afferra all’estrema fine della notte. Mediante l’atto di obbedienza totale il Figlio è quindi giunto alla totale libertà; tutto l’infinito spazio di Dio, sia della morte, della notte eterna, sia della vita eterna, è aperto alla sua azione. Fin dal principio egli è al di là dell’ ‘affanno’ (“per il domani, di quel che si mangerà e berrà, di che si indosserà” Mt. 6,25) e nella tranquillità di colui che può lasciare tutto una volta e per sempre alla provvidenza del Padre.
Dal sito: GliScritti
lunedì 7 novembre 2016
Suggerimenti di vita cristiana - Catechismo San Pio X
I consigli di san Pio X
«Che cosa deve fare un buon cristiano la mattina appena
svegliato? Un buon cristiano, la mattina appena svegliato, deve fare il segno
della Croce ed offrire il cuore a Dio, dicendo queste o altre simili parole:
Mio Dio, io vi dono il mio cuore e l'anima mia».
«Levato e vestito, che cosa deve fare un buon cristiano? Un
buon cristiano, appena levato e vestito, deve mettersi alla presenza di Dio, e
inginocchiarsi, se può, dinanzi a qualche divota immagine, dicendo con
devozione: "Vi adoro, mio Dio, e vi amo con tutto il cuore; vi ringrazio
di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte; vi offerisco
tutte le mie azioni, e vi prego di preservarmi in questo giorno dal peccato, e
di liberarmi da ogni male. Cosi sia". Reciti quindi il Pater Noster, l'Ave
Maria, il Credo e gli atti di Fede, di Speranza e di Carità, accompagnandoli
con vivo affetto del cuore».
«Quali pratiche di pietà dovrebbe ogni giorno compiere il
buon .cristiano? Il cristiano, potendolo, dovrebbe ogni giorno:
- assistere
con devozione alla santa Messa
- fare una visita, anche brevissima, al SS.
Sacramento
- recitare la terza parte del santo Rosario».
«Che cosa si deve fare prima di lavorare? Prima di lavorare,
si deve offrire il lavoro a Dio, dicendo di cuore: "Signore, vi offerisco
questo lavoro: datemi la vostra benedizione».
«Che cosa convien fare prima di prender cibo? Prima di prender
cibo, stando in piedi, conviene fare il segno della santa Croce e poi dire con
devozione: "Signore Iddio, date la vostra benedizione a noi e al cibo che
ora prenderemo per mantenerci nel vostro servizio».
«La sera, prima di andare a riposo, che cosa convien fare? La sera prima del riposo, convien mettersi, come al mattino, alla presenza di Dio, recitare divotamente le stesse orazioni, fare un breve esame di coscienza e domandare perdono a Dio dei peccati commessi nella giornata».
venerdì 4 novembre 2016
Umiltà, S. Agostino
O Dio che sei sempre lo stesso, che io conosca me, che io conosca te:
che io conosca me per umiliarmi e che io conosca te per amarti.
giovedì 3 novembre 2016
Silvano del Monte Athos
"Quando ricevetti la grazia dello Spirito Santo, sapevo che Dio mi aveva perdonato i miei peccati.
La sua grazia
me lo testimoniava; e credevo di non aver bisogno di altro.
Ma non bisogna
pensare così.
Benché i
nostri peccati ci siano già perdonati, noi dovremmo ricordarli per tutta la
nostra vita in compunzione e pentimento.
Io, non
facendo così, perdevo la compunzione e avevo da soffrire molto dai demoni.
Non potevo
capire cos'era avvenuto in me: la mia anima conosceva il Signore e il suo
amore: perché mi venivano i cattivi pensieri?
Ma il Signore
ebbe pietà di me e mi mostrò la via dell'umiltà:
Tienti consapevolmente nell'inferno e
non disperare.
Con questo viene vinto il nemico.
Se io invece mi volto e lascio con la mia coscienza
il fuoco dell'inferno, i pensieri cattivi riprendono vigore."
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