lunedì 5 settembre 2016

La sovrastruttura del pensiero

Preambolo: ho fatto un cammino splendido, la Via di Francesco. Ma duro, molto duro - vuoi per il periodo, per le temperature, per il non allenamento.. e - a posteriori - denso di "regali".

Ciò che dal mio viaggio a piedi rimane con me, tra le altre cose, è l'esperienza della distinzione tra il pensare ed il vivere.
La sovrastruttura del pensiero.
L'esperienza dell'essere a nudo nella fatica.
La conoscenza di ciò che rimane di me, di ciò che sono quando nulla sostiene false immagini, immagini che - tra l'altro - racconto a me stessa di me stessa.
Quindi, come sovrastruttura del pensiero intendo tutto quel rumore che copre la vera essenza di me in un determinato periodo della mia vita.

Mi sono resa conto, insomma, che la sorgente dell'agire si radica in profondità che non sempre sono allineate con il pensare.
E questo disallineamento aumenta all'aumentare dello stato di benessere, diminuisce con l'aumentare dello stato di malessere: immagino che vada a zero negli istanti che precedono la morte, o la seguono, nel caso di lutti, informazioni destabilizzanti, ... dove smetti di pensare per sopravvivere.
Perché io sono ciò che faccio, non ciò che penso. Incarnazione versus idea.

Senza arrivare ai casi estremi di cui sopra, mi sono resa conto che per conoscermi veramente è inutile lanciarmi in analisi colpevolizzanti/premianti che partono dal mio ombelico per arrivare al mio ombelico....
Se voglio muovermi nel campo della realtà e non delle sovrastrutture, le opzioni mi paiono:
- imparare ad osservarmi negli altri (conoscermi da come gli altri reagiscono alle mie azioni)
- imparare da me quando sono a nudo (esperienze, che quando capitano, graffiano la pelle)
A naso, e' più "simpatico" l'apprendimento quando ci si mette in condizioni di attenzione nella vita quotidiana, piuttosto che conoscersi in situazioni più o meno estreme... partendo, infatti, dall'ipotesi che il vero sé viene fuori solo in situazioni di pericolo, ciò non toglie che è possibile lavorare anche quando il pericolo è lontano.

In soldoni, qual è l'esperienza che ho fatto?
Che per me il rapporto con Dio è una sovrastruttura.
E' un rapporto fatto di tante parole appiccicate alla mia persona.
Ma quando mi sono spogliata, a Dio ho pensato poco, con fatica, sempre per obbligo,
Quindi una relazione inesistente.
Una proiezione della mia mente, ma nel mio essere nulla c'è che rivela Lui al di là delle parole e dei pensieri.

Informazione interessante. Spaventosa. Luminosa.
Respiro piano e mi rimangono domande su cosa fare, che fare, come agire.... ma ho deciso di sospendere le risposte.
Attendo.
Ed auspico il silenzio della mente, per vivere la realtà, come in quei giorni di cammino.
Con una conoscenza in più.
Ed una certezza in meno. Su di me.